LA MISSIONE DI RUOTA CHIODATA

Quando udii il leggero tamburellare sulla porta della mia cella, ero impegnato nel diligente svolgimento dei riti vesprali. Da giovane, avevo considerato inquietante l’opprimente silenzio dei cubicoli monastici, tuttavia con la maturità avevo imparato ad apprezzare lo stato di tranquilla quiete che solo la netta separazione dalle cose mondane può garantire. Per questo motivo, quando mi alzai per aprire la porta, ero piuttosto seccato e lo feci con un certo cipiglio che sicuramente si rifletteva sul mio volto. Nel corridoio stava ritto un novizio,  giovane e alquanto imberbe, di cui per altro non ricordavo il nome, il quale stava farfugliando qualcosa di incomprensibile su una convocazione urgente. Probabilmente il mio sguardo truce, non lo aiutava a migliorare il suo eloquio, pertanto ci misi un tempo irragionevolmente lungo, per capire che, molto semplicemente, il Gran Maestro in persona, il leggendario Ruota Chiodata, mi aveva convocato nelle sue stanze.

In tutti gli ordini monastici votati alla miglior gloria del Divino Cicleus, i Gran Maestri, non dico che se la tirano, ma sicuramente tendono a condurre una vita defilata rispetto alla quotidianità degli adepti di livello inferiore. Infatti i giovani novizi, vedono i Gran Maestri solo poche volte l’anno in occasione delle ricorrenze religiose, ed anche coloro che hanno raggiunto il grado di Soldato e perfino di Soldato Scelto, raramente hanno motivo di parlare con un Gran Maestro.

Io stesso, in effetti, avevo parlato con il Venerabile Maestro solo pochissime volte, e sempre dopo essere stato da lui interpellato, mai e poi mai, su mia iniziativa.

Tutto questo, unitamente all’ora tarda, rendeva la convocazione di Ruota Chiodata, nel migliore dei casi irrituale, e sicuramente anche eccitante ed inquietante al contempo. Un simile invito, certamente poteva rappresentare l’occasione per un momento di celebrità, tuttavia era assai più probabile che si rivelasse una foratura clamorosa. Mi domandavo: cosa avrò mai fatto di tanto grave da meritare una cazziata personale di Ruota Chiodata? In definitiva per quanto non abbia interpretato in maniera brillantissima l’ultima Prova di Fede, in qualche modo sono sopravvissuto, per cui cosa vuole da me? A ben pensarci non mi stupiva per nulla che l’Adepto fosse scosso, e infatti cominciavo a condividere pienamente il suo stato d’animo ansioso.

In ogni caso irrituale, o no, una convocazione del genere non poteva essere né ignorata né ritardata, pertanto mi sono avvolto rapidamente nella mia aria di circostanza più compassata, e rassegnato, mi sono avviato alle calcagna del ragazzino. Immagino di aver attraversato in non più di dieci minuti l’intero monastero, passando dapprima i dormitori, poi la sala comune, e infine inerpicandomi sulla torre che ospita gli alloggi degli Alti Ufficiali dell’Ordine, fino a ritrovarmi trafelato di fronte alla massiccia porta di quercia che divide il mondo dei comuni mortali da quello degli Eletti come lo stesso Ruota Chiodata. Come dicevo, dubito di aver  impiegato più di dieci minuti per fare tutto il percorso, ma come è noto a tutti coloro che percorrono il miglio verde, vale a dire a tutti coloro che stanno venendo condotti a fronteggiare la forca, il tempo si cristallizza in un’inquietante eternità di apprensione.

Busso quindi con mano tremante alla grande porta, sperando contro ogni logica, che non giunga alcuna risposta, e vengo immediatamente smentito da un tonante: “avanti!”. La voce è così imperiosa e potente, che mi distrae temporaneamente dalla contemplazione dei film dell’orrore che il mio emisfero destro così solertemente proietta per tutti gli altri neuroni presenti. Così mentre faccio il mio ingresso, penso oziosamente: “la voce imperiosa sarà anch’essa una virtù Magistrale frutto della contemplazione di Cicleus? O viceversa è un talento innato?”. Naturalmente il flusso di questi pensierini viene interrotto nuovamente da quella stessa voce, che semplicemente proferisce: “accomodati Soldato Scelto Gege”.

Ovviamente “accomodati”, quando è ordinato da uno di altissimo profilo come Ruota Chiodata, ad uno di basso rango come me, non può essere interpretato letteralmente, e certamente non nel senso comune del termine. Con una tale schiacciante disparità di ruoli, “accomodati”, negli usi e costumi del Sacro Ordine, poteva essere tradotto più o meno così: “stai in piedi, perfettamente immobile e in assoluto silenzio  fin quando non desidererò rivolgerti la parola; eventualmente puoi non stare completamente impettito”.

Così, mi sono “accomodato”, e non avendo altro da fare, se non ricominciare con inquietanti elucubrazioni, mi sono preso la libertà di osservare l’ambiente, ovviamente limitandomi a muovere unicamente i bulbi oculari, per essere il più invisibile possibile. Ci si aspetterebbe che uno che abbia raggiunto il supremo livello di Gran Maestro, dopo aver pedalato per un numero incalcolabile di chilometri, possa concedersi legittimamente qualche agio. In altri termini che voglia poter mostrare qualche segno distintivo del suo irraggiungibile prestigio personale. Insomma, senza sconfinare nella pacchianeria, mi sarei aspettato che almeno nella sua intimità, l’altrimenti irreprensibile Ruota Chiodata, avrebbe fatto qualche concessione alla vanità personale, mettendo in mostra qualche status symbol. A questo mondo esistono uomini la cui integrità è tale che la loro condotta pubblica è perfettamente coerente con quella privata, ed evidentemente, ma non troppo sorprendentemente, mi trovavo di fronte ad uno di questi rari individui. Infatti la cella monastica del Gran Maestro, era poco più grande della mia, e nella sostanza in tutto e per tutto molto simile: un letto, un armadio, una libreria con svariati volumi, e unico pezzo di arredamento non presente nella mia stanza, una scrivania circondata da qualche semplice sedia di legno.

Qualche simbolo della Fede appeso sopra il capezzale, e naturalmente fulgida nella sua gloria, stava imperiosamente appoggiata su un portabici, la leggendaria Bici da Guerra Celerissima. Nella Chiesa di Cicleus, le Bici da Guerra non possono assumere un grado come i loro corridori, pertanto sono formalmente al di fuori delle gerarchie militari degli Ordini, tuttavia questo non impedisce loro di partecipare ai complotti, alle bassezze, e in generale ai complessi giochi di potere che tendono a fiorire spontaneamente in tutti gli ambienti rigidamente gerarchizzati. In sostanza negli Ordini Monastici, le Bici da Guerra, svolgono il ruolo che negli ambienti militari di soli umani, svolgono le mogli degli ufficiali. Infatti Celerissima, evidentemente regina nel suo regno, mostrava per me lo stesso interesse e lo stesso affetto che io potrei dimostrare a mia volta per uno scarafaggio.

Ruota Chiodata dal canto suo sedeva alla scrivania con il capo chino, leggendo qualcosa da un enorme tomo, intento apparentemente, a prendere di tanto in tanto appunti su un fogliaccio di recupero.

Era un uomo sicuramente non giovane, considerando che certamente aveva passato i sessanta, forse addirittura i settanta, ma indubbiamente ancora giovanile. Ben rasato, con la maggior parte dei capelli ancora attaccati al cranio, poteva ancora vantare una corporatura imponente, seppur asciutta, segno che nel fiore dei suoi anni doveva essere stato un uomo con una muscolatura importante. Indubbiamente non certo il fisico di uno scalatore, tuttavia a giudicare dalle storie sussurrate in certi ambienti sul suo conto, non sembrava una nozione che Ruota Chiodata avesse mai preso seriamente in considerazione. In effetti il venerabile Maestro, esercitava, forse inconsapevolmente, il tipico fascino delle persone molto sicure di sé stesse.

Intanto, mentre scribacchiava con una grafia fatta di caratteri grandi ed infantili, borbottava frasi incomprensibili con tono irato. Dopo alcuni interminabili minuti nei quali si alternarono poco edificanti invettive a silenzi molto stantii, il Gran Maestro improvvisamente chiuse il tomo, mise da parte gli appunti e disse: “Mio caro Gege, benvenuto! Scusami per il linguaggio poco consono, tuttavia è più forte di me. Quando i miei confratelli anziani mi hanno eletto a capo di questo Ordine, si sono guardati bene dal dirmi che me la sarei dovuta intendere giorno e notte con una serie di burocrati arroganti e insipienti che costituiscono teoricamente la crema organizzativa della Chiesa! Porca catena, io sono un vecchio guerriero che ha servito Cicleus per quasi tutta la vita in campagne militari a lungo raggio! Viceversa per fare questo lavoro di merda ci vorrebbe un qualche individuo colto e profumato, capace di usare lo stesso linguaggio di questi preti da salotto! Per esempio, se tu mi fai una domanda, io ti rispondo intendendo esattamente quello che dico. Per cui se ti dico si, intendo proprio SI, mentre se dico no, voglio dire proprio NO, cazzo! Ci vuole tanto a capirlo? Viceversa con questa gente, ci vuole l’intermediazione diretta di Cicleus e tutti i Santi assieme, per capirci qualcosa! Va bè, scusa per lo sfogo, suppongo giustamente che a te non te ne freghi nulla della politica: BRAVO! Continua così, pedala, fai chilometri, e lascia questa merda a questa schiera di parassiti mentecatti, alle cui file, purtroppo, mi sono ormai aggiunto anch’io. Che finaccia che ho fatto! In soldoni, ricordati sempre il consiglio del vecchio Ruota: non ti immischiare mai, e dico proprio MAI, con la politica e i politici. D’accordo, saranno pure tutte creature di Cicleus, tuttavia talvolta la sua volontà è VERAMENTE imperscrutabile.”

Accidenti! Ed io che credevo che il Gran Maestro fosse un uomo di poche parole. Quest’uomo oltre ad essere sorprendentemente scurrile, probabilmente è in grado di farti sanguinare le orecchie se gliene dai l’occasione.

“Bene caro Gege, veniamo a noi. Sicuramente ti starai chiedendo il motivo per il quale ti ho convocato. Ebbene, come certamente ricorderai molto bene, fra circa un mese parteciperai alla cerimonia di passaggio al Cavalierato Monastico. Non stai più nella pelle, dico bene?”

Senza attendere una mia risposta, Ruota Chiodata, continuò a parlare: “Si, si, lo so bene, non serve che rispondi, te lo posso leggere chiaramente in faccia. Inoltre siamo stati tutti giovani, diciamo pure un po’ bambocci,  e la caratteristica che sicuramente non può mancare ad un aspirante cavaliere è proprio l’entusiasmo. In ogni caso non è di questo che volevo parlarti, o meglio in un certo senso è proprio per questa iniziazione che ti ho chiamato ma…”

“Fermi tutti! Sto facendo un casino, ricominciamo. Ti ho convocato per dirti semplicemente che devi fare degli esercizi spirituali adeguati e purificare la tua anima prima del gran giorno.”

Fiuuuu… Dentro di me potevo finalmente tirare un gran respiro di sollievo. Tutta questa manfrina per arrivare alla conclusione che devo fare un po’ di esercizi spirituali? Mannaggia a tutte le gomme bucate! Ed io che mi stavo facendo prendere dal panico per nulla. Certo, tutta la faccenda è un bel po’ inusuale, tuttavia è evidente che il Gran Maestro vuole curare personalmente la crescita spirituale dei cavalierandi durante le fasi finali. Del resto al rito di iniziazione approdano soldati provenienti da ogni parte d’Italia e da tutti gli Ordini della Chiesa di Cicleus, per cui è comprensibile che il Venerabile voglia fare bella figura con una rappresentanza adeguata.

A questo punto, posando un ginocchio a terra, risposi formalmente, e anche in un modo che speravo fosse adeguatamente pio: “Comandate! Sono il vostro umile servitore Gran Maestro”.

Ruota Chiodata si accigliò visibilmente: “Gege, l’umiltà professata a parole è utile quanto un buco del culo su un gomito! Inoltre anche se è vero che sono un tuo superiore, tu non sei un mio servo, tu vivi, pedali e combatti, cioè in ultima analisi SERVI, esclusivamente il Divino Cicleus! Non voglio più sentirti dire in pubblico cazzate simili. Siamo intesi? Inoltre lascia che le apparenze riguardino i famosi preti da salotto di cui parlavo prima, tu preoccupati della sostanza”.

Arrossendo di colpo, risposi imbarazzatissimo: “Si, Gran Maestro.”

Ruota Chiodata, riprese il discorso: “Bene, cerchiamo di arrivare al punto che sennò qui si fa notte ancora di più di quanto non sia già. Purificherai la tua Vita, affrontando la seguente missione. Dovrai infiltrarti a Bormio, e da lì attaccare alle prime luci dell’alba, il temibile Mortirolo partendo dal versante di Mazzo. Da lì attraverserai la Valcamonica, dalla quale porrai le basi per la conquista della  cima del Gavia. A quel punto potrai ritornare al campo base di Bormio per una sosta rigenerante.”

“Posso farcela, sarà sicuramente dura, ma credo che sia fattibile.”

1° giro

“Infatti lo è Gege, tuttavia, ho parlato solo di sosta. Appena mangiato, tu e Tormento vi avvierete alla volta del Umbrail, sconfinerete nel territorio neutrale offerto dalla Svizzera, e rientrerete in Italia da Bolzano. Con questa manovra colpirete lo Stelvio alle spalle, e forse potrete persino coglierlo impreparato. Con un po’ di fortuna, è persino possibile che riuscirete a tornare nuovamente sani e salvi al campo base di Bormio.”

2° giro

A questo punto l’intera faccenda cominciava a puzzare pesantemente di cambio rotto, e infatti il vecchiaccio non aveva ancora finito di enunciare la missione. “Se riuscirai ad arrivare per la seconda volta a Bormio la faccenda si farà decisamente più interessante. A quel punto sarai probabilmente stanchino dopo aver percorso oltre 200 Km e 6000 m di dislivello, inoltre probabilmente si sarà fatto tardi, forse sarà addirittura già notte. Mangia e non fare cazzate da giovane zelante. Prenditi qualche ora di sonno, diciamo quattro, prima di ripartire e…”

A quel punto, a dispetto di anni di condizionamento a non interrompere un superiore, sentii la mia bocca aprirsi e dire: “In che senso ripartire? A quel punto avrò le gambe sanguinanti, neppure San Coppi avrebbe la forza di riprendere la strada!”

Allora Ruota Chiodata, mi squadrò piuttosto freddamente e disse: “Figliolo, innanzitutto non mi interrompere. Detto questo, non balzare a conclusioni affrettate, chiudi la bocca ed apri le orecchie. Dicevo, una volta che avrai dormito qualche ora, e mi raccomando non esagerare, che altrimenti il tempo disponibile non ti basterà, conquisterai dapprima il Passo della Forcola, e poi in rapida successione Eira e Foscagno. Se sarai sopravvissuto fin qui, sarai a tre quarti della missione, infatti una volta tornato per il terzo ed ultimo ristoro a Bormio, sarai pronto per l’attacco finale!”

3° giro

Bisogna dire che il Vecchio Pazzo, mano a mano che descriveva la missione, si eccitava visibilmente, sputacchiando tutt’attorno piccole goccioline di saliva. Sembrava davvero credere nell’opportunità di una missione chiaramente suicida!

“A quel punto,” continuava con voce sognante il Mentecatto Visionario, “potrai finalmente dare il tuo imprimatur definitivo a quelle montagnole arroganti. Infatti attaccherai per la seconda volta ma dal lato opposto il Gavia, poi il Mortirolo e infine diventerai leggenda facendo il tuo ritorno trionfale al campo base con un percorso totale di 454 Km e un dislivello complessivo di 12118 m. Tutto questo, ovviamente, solo se a quel punto sarai ancora vivo e se avrai completato la missione nelle 40 ore previste. Altrimenti, be’, sarà stata fatta la volontà di Cicleus.”

4° giro

Come può una tale testa di cazzo, divenire capo di un Ordine antico ed importante come il nostro? Poi questo tizio, ci fa o ci è? Come si fa ad essere così ipocriti da rifilarmi una missione impossibile e poi dire che se non ce la faccio, come è inevitabile che accada, che è stata fatta la volontà di Cicleus? In questa merda Cicleus non c’entra proprio nulla, solo la follia del vecchio rincoglionito che mi sta davanti!

Dopo questi torbidi pensieri, sfruttando quella che sembrava essere una pausa nel monologo di Ruota Chiodata, mi feci coraggio e dissi: “Maestro la missione che mi affidate è semplicemente impossibile, vi prego di individuare qualcos’altro per la mia ascensione”.

Ruota Chiodata, senza scomporsi per nulla, disse invece: “Figliolo, immaginavo che avresti opposto un po’ di resistenza a questo progetto. E’ naturale che tu provi una certa inquietudine di fronte alla grandezza del tuo destino.”

Quest’uomo mi sta sempre più sui coglioni! Adesso è arrivato addirittura a parlare di destino, come se non fosse una cosa che si è sognato stanotte in qualche suo incubo nel quale adesso vuole coinvolgermi.

“Lascia quindi che ti spieghi l’importanza di tutto questo. Sai come si chiama la valle di Bormio?”

“Certo! E’ la Valtellina!”

“Sostanzialmente esatto Gege, anche se imperfetto perché il toponimo corretto sarebbe in realtà Alta Valtellina. Inoltre scendi di un tono quando parli con me. Tuttavia sai come era chiamata dagli Antichi quella zona? No, eh? La chiamavano Alta Rezia! Eh già! Questo vecchio ha ancora qualche asso nella manica con il quale sorprendere i giovanotti imberbi come te! Hehehehe”

In realtà più che stupito, come il vecchiardo sembrava presumere, ero perplesso: “Non capisco, si chiamava Alta Rezia, e allora?”

“Cazzarola, ma non vi insegnano più nulla a scuola? Prima di assumere il tuo attuale nome spirituale, Gege per l’appunto, non ti chiamavi per caso Eugenio Rezia? Ebbene, significa semplicemente che ti sto inviando là dove sono le tue origini.”

A questo punto oltre che perplesso ero anche incuriosito: “Maestro continuo a non capire.”

Ruota Chiodata, a quel punto abbandonò il tono stizzito, fece un sospirone e disse: “In realtà è molto semplice. Noi siamo Soldati della Fede, giusto? In altri termini le nostre battaglie si svolgono contemporaneamente su due livelli, quello fisico e quello spirituale, giusto? Questo perché ogni nemico che affrontiamo, ogni cosiddetto Demone, quando esiste nel piano della realtà ha sempre un corrispettivo, una sorta di ombra proiettata anche nel piano Divino. Naturalmente ricorderai dal catechismo che i demoni più pericolosi sono quelli che risiedono stabilmente ed esclusivamente nel piano spirituale. Per fare un esempio, abbiamo quindi Fame, Sonno, Freddo, Dislivello e Pioggia che sono demoni soprattutto fisici, ma è da Paura, Scoraggiamento, Noncelafacciopiù, Nonpossofarcela, e altri della loro risma che devi guardarti di più. Ti vedo sempre più perplesso però abbi fede, adesso arrivo al punto. Vedi, i luoghi non sono tutti spiritualmente uguali, ci sono dei posti che sono più speciali di altri e l’Alta Rezia, che in sé è già molto speciale, lo è a maggior ragione per te. Nei luoghi dove le nostre origini sono forti, i nostri Demoni personali acquisiscono potere, ma lo fanno parimenti anche le nostre Virtù, per cui in questi luoghi speciali la battaglia per l’equilibrio interiore sarà violentissima. Capisci ora? Persino un Soldato Scelto della Fede come te, avrà la fortuna di poter percepire i movimenti di queste forze contrapposte ed avere la possibilità, grazie alla fede nel Divino Cicleus, di incanalarle in qualcosa di grandioso.”

A questo punto cominciavo a comprendere il quadro generale, ma al di là di queste pie considerazioni rimaneva la verità difficilmente confutabile che questo piano era semplicemente inattuabile, per cui dissi: “Maestro, capisco quello che volete dire, tuttavia mi sembra comunque tutto assurdo! Per sperimentare le forze contrapposte di Virtù e Demoni, secondo la vostra stessa dottrina, è sufficiente andare a Bormio e fare per esempio Mortirolo e Stelvio! Perché dovrei martirizzarmi in questo modo?”

Ruota Chiodata assunse nuovamente un’espressione corrucciata, forse addirittura assorta e si prese qualche momento prima di rispondere. “Vedi Gege, è evidente che la missione è pericolosa. Ed è altrettanto evidente che nel migliore dei casi, perfino nell’improbabile caso di successo, sarà tutto incredibilmente doloroso, tuttavia ti domando, perché per dare all’acciaio le sue tipiche caratteristiche di robustezza lo scaldiamo fino al calor bianco e poi lo raffreddiamo repentinamente gettandolo nell’acqua fredda? Ti garantisco che al ferro, l’intero processo, non fa per nulla piacere! Tuttavia alla fine è molto più robusto. Allo stesso modo agiscono le difficoltà, semplicemente ci cambiano, o meglio, ci migliorano.

Tuttavia affidandoti questa missione il mio intento non è ottenere da te un generico e repentino, quasi miracoloso, miglioramento. Il mio scopo è in realtà più sottile. Come ti ho detto all’inizio di questa conversazione, devi purificare l’anima, perché in te coesistono ancora forze negative che non sono accettabili in un Cavaliere Ordinato. Dal tuo sguardo capisco che se stessi parlando in aramaico, otterrei lo stesso livello di comprensione, di conseguenza, è ora di introdurre una metafora migliore dell’acciaio temprato. Sai perché vengono potati gli ulivi?”

“Veramente non ne ho la più pallida idea, io sono un soldato, non un maledetto contadino!”

“Figliolo, fai male ad avere vedute così ristrette, in primo luogo perché dimostri in maniera lampante di essere ignorante, e in secondo luogo perché potresti capire molte cose sulla tua stessa vita imparando dalla saggezza secolare di altre persone, seppur occupate in ambiti molto diversi dal tuo. Infatti è la nostra Ignoranza Fondamentale a mostrarci tutti i fenomeni come disgiunti, ma sono in realtà la manifestazione della medesima ed unica realtà semi trascendente, che noi chiamiamo Cicleus. Ma sto divagando, torniamo agli ulivi. A volte accade che alcune parti di una stessa pianta d’ulivo crescano più di altre. Allo sviluppo dei rami, che sono ben visibili, corrisponde un analogo sviluppo delle radici che viceversa, essendo nel sottosuolo, sono invisibili. La potatura dei rami, determina la morte anche delle corrispondenti radici e nell’insieme, se è ben fatta, favorisce l’instaurarsi di un nuovo equilibrio nella pianta, auspicabilmente migliore del precedente. Per te caro Gege, è lo stesso. Ad alcuni dei tuoi comportamenti, equivalenti ai rami della nostra metafora, corrispondono una serie di convinzioni, invisibili, impalpabili e difficilmente percepibili, le quali hanno però una chiara relazione con i comportamenti agiti. Tutt’ora sei limitato dalle tue paure e sei ancorato a troppi dei tuoi lati infantili. Capisci adesso? L’intera missione fornisce la meravigliosa opportunità di affrontare le tue paure in tutta la loro potenza, spazzarle via, e finalmente fare spazio a quelli che attualmente sono solo piccoli germogli di nuove Virtù. Proprio come per gli ulivi.”

Il ragionamento di Ruota Chiodata, aveva effettivamente un certo fascino, tuttavia dissi “Maestro, semplicemente non sono abbastanza allenato. E’ impossibile.”

Evidentemente l’anziano Maestro, cominciava ad averne abbastanza, perché questa volta con tono irritato rispose: “Gege, dovresti ormai aver capito che l’allenamento è un aspetto secondario della nostra Pratica Spirituale. Ovviamente è importante, ma essendo un aspetto della fisicità è comunque secondario. L’unica cosa che ti dovrebbe preoccupare è se hai, o meno, coltivato a sufficienza la tua Fede. E indubbiamente dalle risposte che mi stai dando sospetto che tu non lo abbia fatto. Prendiamo ad esempio un eroe contemporaneo come il Comandante Lonero.”

Del Comandante Tony Lonero, tutti ma proprio tutti, avevano sentito parlare e in un modo non molto dissimile da Ruota Chiodata, anche lui era un personaggio avvolto nella leggenda. Per tanti era un’entità quasi surreale, alcuni erano persino convinti che non fosse nulla più di un’astuta invenzione degli uomini dell’Ufficio Propaganda delle Chiesa. Di lui avevo sentito aneddoti divertenti, talvolta edificanti, e altre volte completamente campati in aria, tuttavia rispetto alla maggior parte degli altri accoliti, godevo di un vantaggio fondamentale. Infatti avendo avuto l’onore di servire sotto il suo diretto comando in alcune incursioni, sapevo con assoluta certezza che il Comandante Lonero era reale, MOLTO REALE.

“Tra l’altro se non sbaglio avete combattuto assieme in alcune sortite, per cui sai di cosa è capace. Hai mai sentito parlare di quando è stato ferito alla gamba dietro alle linee nemiche?”

Questa era una delle mie storie preferite, e con gli altri parigrado ce l’eravamo raccontata l’un l’altro migliaia di volte, per cui dissi gaiamente: “Certamente Maestro! E’ stato quando il Comandante Lonero, malgrado avesse una gamba amputata, per incoraggiare le truppe stanche a non mollare, è saltato sulla sua Bici da Guerra e ha aperto la strada fino alla conquista del Giau!”

L’anziano Maestro, di fronte a questa mia concitata esternazione produsse solo un sorrisetto divertito e disse: “Piccolo Gege, questa è ovviamente una favoletta per chierichetti, tuttavia in questo aneddoto c’è comunque molta verità. In questo caso mi interessa salvare l’insegnamento della storia, o se preferisci, la parte edificante. Pensi che il Comandante Lonero, si sia scoraggiato solo perché poteva fare affidamento su una sola gamba? Pensi che lui abbia dato automaticamente per impossibile scalare quella salita e portare a casa la pelle? Ovviamente la risposta è “no” ad entrambe le domande. Intendiamoci, probabilmente ha imprecato, forse ha persino avuto paura, ma rimane il fatto che lui non avrebbe mai mollato, perlomeno non prima di aver provato ogni opzione. Questo è quello che noi chiamiamo Fede, credere nel risultato e tirare innanzi fino a prova contraria. Alla tua età Gege, dovresti ormai aver compreso che ciò che rende gli eroi tali, non è quello che fanno ma è quello che credono. Il loro comportamento è semplicemente coerente con le loro convinzioni.”

Questo era veramente troppo. Utilizzare una figura mitica, per giustificare l’intera insensatezza della missione mi faceva incazzare da matti! Per cui dissi con un tono che mai avrei presunto di usare in presenza del Gran Maestro: “Secondo quanto voi stesso affermate, questa è una missione suicida adatta a supereroi del calibro del Comandante Lonero: QUINDI MANDATECI LORO!”

La voce mi tremava per la rabbia, tuttavia appena chiusi la bocca mi resi conto immediatamente dell’enorme guaio in cui mi ero cacciato. Calò un silenzio tombale che credo sia durato un eternità nel quale riuscivo solamente a sentire il cuore rimbombarmi nel petto.

Infine Ruota Chiodata, con voce gelida e tagliente disse: “Piccolo Gege, sei evidentemente un somaro molto peggiore di quel che credevo. Non ti è sorto il dubbio che mando TE, e non LORO, perché sei TU che hai bisogno di crescere? Inoltre tralasciando la tua evidente tendenza all’insolenza, qui ci sono anche gli estremi per l’insubordinazione. Ti rendi conto che IO parlo per nome e per conto di Cicleus? Quando IO ti do un ordine, TU non discuti, salti in sella ed esegui: CHIARO?”

A questo punto, e specialmente nelle ultime parole, il Gran Maestro aveva perso tutto il suo aplomb e stava urlando a pieni polmoni.

“Inoltre piccolo Gege, mi sono dimostrato paziente, ho cercato di spiegarti quale sia l’importanza di questo pellegrinaggio, ma per ben quattro volte hai rifiutato. La tradizione che onoriamo in questo Sacro Ordine mi impedisce di inviarti in una missione del genere contro la tua volontà, ma sappi che se rifiuterai una quinta volta, per la stessa tradizione, sarà mia facoltà chiederti di trovare una nuova collocazione in seno alla Chiesa di Cicleus. In quest’Ordine non c’è posto per i pavidi, i deboli e gli insubordinati.”

A quel punto sudavo davvero freddo. Vedevo anni di fatiche ed esercizi spirituali andare improvvisamente in fumo, e tutto questo in vista dell’arrivo. Il Cavalierato che avevo sognato per così tanto tempo, mi stava venendo sottratto per l’odiosa arroganza di un vecchio! Per cui, ingoiando  i rimasugli del mio orgoglio decisi di implorare: “Maestro non potete farmi questo! Mi sono allenato tanto! Inoltre la cerimonia è fra pochi giorni, abbiate pietà di me!”

A quel punto Ruota Chiodata, rosso per la rabbia, non si controllava più e urlava ogni singola parola: “Piccolo Gege che schifo che mi fai! Sembri un chierichetto con la bici a rotelle! Credi che il semplice fatto di aver completato le Prove di Fede ti conferisca un qualche tipo di diritto inalienabile? Sei così superficiale da credere che la Corazza Azzurra, di cui sono equipaggiati i membri del Sacro Ordine della Nazionale, sia uno specie di status symbol? No ragazzino, non è così. La Corazza Azzurra, è un SACRAMENTO, CAZZO! E’ un tramite che Cicleus ci ha donato per rispecchiarci meglio nella Sua Gloria! Per questo motivo, la Corazza Azzurra, trae la sua forza dalla fede di chi la indossa e nulla più di questo. Fede che tu evidentemente non sai neppure cosa voglia dire.”

Sentivo le lacrime premermi contro gli occhi, e il labbro inferiore tremolare mentre cercavo di mantenere il massimo contegno possibile. Volevo solo congedarmi e fuggire nella mia cella lontano dal mondo, ma evidentemente Ruota Chiodata non aveva ancora finito con me: “Piccolo Gege non sei degno di Lancia, la quale è morta in servizio assolvendo ai suoi compiti fino all’ultimo. Mi pento del giorno in cui ti ho affidato alle cure di quella fantastica e saggissima Bici da Guerra. Mi hai molto deluso, per cui ora ti ritirerai nelle tue stanze e domani mattina andrai a riflettere sui tuoi peccati su via della Montagna Spaccata. Sparisci dalla mia vista!”

Mentre tornavo mestamente alle mie stanze, ormai singhiozzando incontrollabilmente, riflettevo sull’ingiustizia della vita.  Possibile che Cicleus mi stesse facendo tutto questo? L’unico lato positivo dell’intera faccenda era che Ruota Chiodata, forse consapevolmente, aveva rinunciato ad affidarmi per la quinta volta la missione suicida, per cui forse avevo qualche speranza di sfangarla. Fortunatamente arrivai al mio letto senza subire l’ulteriore umiliazione di incontrare qualcuno.

Piansi fino ad addormentarmi.

Sto pedalando in scioltezza lungo un rilassante percorso campestre. La giornata è bella ma non troppo calda, io sono in forma, e fresco. Tutto lascia presagire che sarà una piacevolissima passeggiata. Il paesaggio mi è in qualche modo familiare, anche se non riesco a riconoscere nessun luogo in particolare. In qualche modo so di non essermi perso e che troverò la via del monastero quando verrà il momento di rincasare. Ad un certo momento, noto che sto indossando al posto di una delle mie solite divise d’ordinanza, la Corazza Azzurra. Mi riempio d’orgoglio pensando che allora devo avercela fatta e  che evidentemente sono finalmente diventato Cavaliere di Cicleus. Non ricordo quando sia accaduto, tuttavia non me ne importa neanche nulla: è proprio una splendida giornata! Pedalo, rido, e pedalo ancora, rimirandomi fasciato nei miei nuovi emblemi, fino a quando il cielo si rabbuia improvvisamente. Odo delle grida in distanza. Grida di paura e dolore. Grida che mi fanno rabbrividire fin nelle ossa. Mentre avanzo sempre più inquieto, le urla si fanno più nitide, e ad un certo momento riconosco la voce gutturale e gracchiante di Lancia. Porco copertone! Lancia sta male! Aumento il passo. Comincia a piovere e la strada sale ripida e tortuosa mentre da qualche parte più avanti giungono urla sempre più strazianti. Finalmente scorgo in distanza Lancia legata a terra, mentre una gigantesca ruota la sta segando letteralmente un pezzo alla volta. Mi lancio con tutte le mie forze su per la salita che ormai è diventata ripidissima. Fa freddo, c’è un forte vento contrario e la pioggia mista a grandine mi costringe a tenere la testa bassa. Molto presto comincio ad ansimare pesantemente, e vorrei succhiare altra aria, ma pur essendo tutta attorno a me non ci riesco. Mi sento annegare, mentre le gambe si fanno sempre più pesanti e le urla sempre più strazianti. Lancia sta dicendo “Aiuto Gege! Gege salvami! Gege vieni a salvarmi!”. Senza fiato per poter rispondere, e con calde lacrime che mi scorrono sulle guance, continuo a muovermi, ma sto scendendo di ritmo ad ogni pedalata e bizzarramente scopro che non mi sto avvicinando di un solo metro. E’ come se, per quanto io provi ad avvicinarmi Lancia si allontani. 

In un momento di agghiacciante illuminazione, comprendo che non sarò mai in grado di raggiungere Lancia e in quel momento le gambe mi si bloccano del tutto e cado. Cala un silenzio funereo, e capisco che Lancia è morta. Di nuovo. Tra i singhiozzi, mormoro: “mi dispiace vecchia amica. Non ce la potevo fare, era una salita impossibile. Mi dispiace, mi dispiace tanto. Riposa in pace.”

Mi accascio così, per terra, nel fango, con l’acqua che scorre in ruscelletti tutt’attorno e lì rimango scosso da tremiti violenti. Dopo un tempo indefinibile, noto che un rivolo azzurro si sta unendo all’acqua fangosa. Con lo sguardo ne cerco la fonte, e scopro che origina dalla mia splendida Corazza la quale sta semplicemente colando via, come una sorta di gelato messo al sole. Oh no! Oh no! In preda all’orrore, cerco di trattenerla convulsamente con le mani, ma non c’è nulla da fare e ben presto della mia splendida armatura rimane solo un rigagnolo azzurro che si allontana verso valle.

Disperato penso: “perché mi fai tutto questo Cicleus?”. La risposta si forma nitida nella mia mente: “io non ti so facendo proprio nulla Gege, tutto questo è una tua esclusiva responsabilità. Tu lo stai facendo a te stesso e solo tu puoi fermarlo.”

Finalmente mi sveglio, alquanto turbato. Faccio qualche futile tentativo di tornare a dormire, ma sono troppo scosso dal sogno, pertanto dopo essermi rigirato inutilmente per un’ora, decido di uscire in piena notte per i consueti esercizi. Malgrado Tormento non abbia né la saggezza né l’esperienza di Lancia, capisce immediatamente che non è il  caso di rivolgermi la parola, se non per le comunicazioni strettamente indispensabili, per cui procediamo metodicamente lungo la sequenza rituale degli esercizi fisici in un silenzio concentrato ed assorto.

Alle prime luci dell’alba, sono doppiamente stanco, sia per la notte insonne che per l’esercizio fisico, tuttavia sono pronto a rientrare al monastero. Inoltre, l’esercizio meditabondo a cui mi sono sottoposto, mi ha fornito una nuova consapevolezza sulla mia situazione. Pertanto, senza neanche ripulirmi, mi avvio con rapidi e determinati passi, verso le stanze del Gran Maestro: è ora di chiudere questa storia.

Busso alla porta della cella, e dopo un momento si sente provenire dall’interno un borbottio di assenso. Il Gran Maestro, ancora in pigiama, siede sul bordo del letto, ed è evidente fin dal primo sguardo che lo ho svegliato. In un altro contesto, forse in un’altra vita, la cosa mi avrebbe paralizzato dal terrore e dall’imbarazzo, ma non questa mattina, poiché quello che ho da dire è troppo importante per rispettare inutili formalismi. Così dico senza preamboli: “Maestro questa notte ho avuto un terribile incubo”.

Ruota Chiodata, mi guarda perplesso e dice sarcastico: “E allora? Mi hai svegliato per farti consolare? Per queste cose torna dalla mamma, cazzo.”

“Maestro, mi sono espresso male. Volevo dire che grazie ad un terribile incubo ho capito alcune cose importanti sulla mia vita e su quanto mi hai detto ieri sera. Per esempio, ho capito che il punto cruciale non è mai stato completare a tutti i costi la missione di Bormio. Ho capito che lo scopo non è dimostrare di avere delle grandi capacità fisiche. Ho capito che questa non è una dimostrazione di machismo condita con vanagloria. L’intera prova è assolutamente ed esclusivamente spirituale! Voi volete che io mi ficchi impavidamente in questa terribile tempesta, e che provi a mantenere salda la rotta. Voi volete che io impari a mantenere la pace del cuore a dispetto di tutte le circostanze, favorevoli o avverse che siano.”

Il Gran Maestro rimane assorto per un attimo, prima di rispondere: “Forse Gege, c’è ancora speranza per te. Forse. Tuttavia io posso indicarti il sentiero da seguire, non percorrerlo al tuo posto.”

Sento un sorrisino tendere le mie labbra; del resto il fatto che il Saggio Maestro, stesse plagiando spudoratamente Matrix, mi faceva molto ridere. Interiormente, è chiaro. A onor del vero, bisogna concedergli l’attenuante generica che alle 6 del mattino non si può pretendere che le citazioni provengano tutte da Confucio ed Emerson.

Le mie oziose riflessioni sono interrotte bruscamente da: “Che cazzo hai da  ridere Gege? Bene, sembra che la notte ti abbia portato un po’ di consiglio, per cui te lo chiedo per l’ultima volta. Soldato Scelto Gege, accetti di impegnarti a completare il Brevetto Estremo della Valtellina, avanzando con fede indomita in nome e per conto del Divino Cicleus?”

A questo punto so cosa dire. Metto un ginocchio a terra e recito sicuro: “In nome del Divino Cicleus, io Soldato Scelto Gege, mi impegnerò a combattere fino allo stremo per il completamento del Brevetto Estremo della Valtellina. Possano tutti i Santi del pantheon proteggermi e guidarmi.”

“Molto bene Gege! Dimmi, un’ultima cosa: cosa ne farai di questa esperienza?”

“Maestro, la utilizzerò per forgiare un grosso pezzo del mio nuovo mondo!”

A queste parole, il Gran Maestro Ruota Chiodata, visibilmente sollevato esclama: “Cicleus semper laudatus sit! Probabilmente potremo fare di te un Cavaliere del Sacro Ordine della Nazionale Italiana Randonneur. Ora vai.”

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